Poliedrico e multimediale, colorato e scanzonato Adriano Attus, artista, grafico e direttore creativo di una nota testata giornalistica, usa nelle proprie opere un “linguaggio numerico” che si spinge oltre l’indagine del semplice numero aprendosi allo studio della forma e della grafica.
Incontriamo Adriano durante la mostra Numerismi presentata in occasione dei 150 anni di Banca Cesare Ponti nella storica sede di Piazza del Duomo a Milano.
La mostra raccoglie una selezione di lavori esemplificativi della produzione di Attus della serie Neometrie e Numerage oltre a a installazioni site-specific eseguite per l’occasione.
Se con Neometrie (2016), mosaici dai colori accesi e sgargianti, la cifra numerica scompare visivamente per diventare la matrice moltiplicativa che permette di generare infinite combinazioni in Numerage (2014-2015), l’artista vuole denunciare l’impossibilità dell’oggettività nella comunicazione.
I numeri possono essere manipolati – è la tesi dell’artista – e quindi possono mentire esattamente come ogni altra forma di comunicazione. Una vera provocazione artistica, quella di Adriano Attus, che si sviluppa attraverso l’uso di collage su carta con numeri da 1 a 100 ritagliati da quotidiani di tutto il mondo.
Di particolare interesse in mostra l’opera 150 creata per celebrare l’anniversario della nascita di Banca Cesare Ponti e la splendida ed evocativa serie Planetario Numerico, che vuole riportare i numeri nella loro dimensione naturale restituendoli alla loro bellezza primigeni. Un tentativo di ridare ai numeri un nuovo senso estetico e un nuovo ordine nel caos delle informazioni nelle quali siamo immersi.
Adriano Attus tu operi come giornalista, grafico, artista: come concili questi diversi ruoli?
Nella mia attività di direttore creativo di una nota testata giornalistica utilizzo dei codici visivi per trasferire ai lettori nel modo più oggettivo possibile le analisi dei colleghi, potrei dire che qui la mia creatività è funzionale all’obiettivo.
Nella mia attività artistica invece ho una maggiore libertà espressiva. Interpreto i numeri in maniera personale, potrei dire che il mio giocare con i numeri serve a lanciare delle provocazioni perché chi fruisce dell’opera comprenda che è sempre necessario passare le informazioni attraverso un vaglio critico.
Ma quindi, secondo te, nemmeno il dato numerico è oggettivo?
Il numero puro è oggettivo, l’uso che ne faccio è soggettivo.
Il modo in cui io scelgo i dati da comunicare, il modo in cui li leggo, li interpreto, dipende dal filtro che io soggetto decido di usare! In questo senso l’oggettività è relativa. Sembra un gioco di parole, un corto circuito mentale, ma non lo è! Tutto il mio lavoro si basa su questo gioco e su questa ricerca della bellezza naturale dei numeri.
Parli di gioco e di bellezza, ma lavori con i numeri che sono vissuti nell’immaginario collettivo come qualcosa di freddo, distante, asettico.
Nell’immaginario collettivo forse, ma non nel mio! Sin da bambino io ho sempre giocato con le geometrie, i colori, i numeri. I miei giochi preferiti erano i famosi mattoncini colorati e i regoli coloratissimi. Mi ricordo che fin da allora tagliavo i fumetti e li ricomponevo cambiandone le sequenze, come oggi faccio con i numeri, e mi divertivo a unire i puntini sui giornali di enigmistica, come oggi unisco i puntini nel mio Planetario.
L’Adriano “fanciullino” si è evoluto nelle tecniche, ma la sua creatività gioiosa, spumeggiante e colorata è rimasta intatta.
Ed in effetti la curatrice della mostra Neometrie Rosa Cascone coglie proprio questa tua caratteristica quando scrive del “carattere ludico” del tuo lavoro che rende le tue opere “vicine, stimolanti e comprensibili sia a chi già ragiona in numeri, sia a chi non è invece ancora familiare con questo linguaggio”. Ma per te cosa significa” giocare” con i numeri?
Una ricerca del senso universale, dell’armonia. Nelle Neometrie io parto dal singolo elemento per arrivare al tutto, il mio vuole essere un invito a guardare la parte per vedere l’insieme. Il numero 1 rappresenta per me l’uomo con il suo microcosmo e nel mio lavoro cerco di combinare e preservare la sua unicità all’interno del gruppo.
Cerco di combinare i microcosmi che noi rappresentiamo nel grande piano armonico nel quale agiscono. Ecco perché è possibile interagire con le mie opere e creare diverse combinazioni. Non esiste un’unica combinazione così come non esiste un’unica vita possibile. Tutto dipende dalle nostre scelte che concorrono all’armonia universale. Io gioco con i numeri per ridare loro la bellezza della loro unicità, la stessa incomparabile bellezza e unicità che io vedo nell’uomo.